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Le mele di Adamo

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Le mele di Adamo

  • by Ambra Zausio
  • Dic. 12, 2014
  • Recensioni

“Le mele di Adamo” e la filosofia kierkegaardiana: parallelismi e riferimenti.

Il film diretto da Anders Thomas Gensen “Le mele di Adamo” è sicuramente una delle riproduzioni in ambito cinematografico più vicine alla filosofia del famoso filosofo danese Soren Kierkegaard. In questo film troviamo infatti riferimenti espliciti ai pensieri portati avanti da Kierkegaard durante la sua vita, costruendo proprio sulla sua linea di pensiero una storia interessante che non può e non deve essere letta come semplice narrazione ma in maniera molto più introspettiva, raccogliendone segnali e simboli.

Così come Soren nelle sue opere ci presentava quelle che erano le “maschere” adottate dalla società –proponendo così una filosofia strettamente del singolo e non della massa come il suo più grande “rivale” Hegel- , anche ne “Le mele di Adamo” ci vengono proposti vari stereotipi di soggetti della modernità: il neozanista Adam, il sacerdote Ivan, lo scienziato Dr. Kolberg, il cleptomane alcolizzato Gunnar, il terrorista/rapinatore Khalid. Tutte le maschere del film seguono perciò una personale filosofia di vita, una fede vera e propria (la grandezza della figura di Hitler per Adam, il potere della scienza e della razionalità per il Dr. Kolberg, la bontà divina per Ivan) che quando viene a mancare fa crollare tutte le loro convinzioni e certezze, ponendoli così davanti a un bivio, quello della scelta, dopo essere entrati in quelle che Kierkegaard chiama angoscia e disperazione. Infatti quando cadono le credenze forzate prive di senso dell’ essere umano emerge nei personaggi il concetto della malvagità divina, che secondo il filosofo può essere vista solo positivamente e che ci deve portare a riconoscere le nostre debolezze e i nostri peccati. E’ questo il momento in cui il soggetto, la maschera, comincia a pensare e a chiedersi quale sia il suo compito, che nel caso del film, per il protagonista Adam, è quello della torta di mele: una semplice buona azione che però si troverà ad affrontare diverse difficoltà prima di essere realizzata. La torta di mele, e l’albero di mele stesso, sono la prova a cui viene sottoposto Adam, il protagonista, il quale, in seguito ad una conversazione con Ivan, il prete che cerca di aiutarlo a trovare la propria retta via, cerca in ogni modo di realizzarla nonostante le condizioni a lui avverse. E’ questo, infatti, un esplicito riferimento non solo a quello che per Soren era il percorso per giungere ad una scelta e quindi cambiare, ma anche alla Bibbia: l’albero di mele sembra essere colpito da molteplici “piaghe” (vermi, corvi, fulmini) che in seguito lo porteranno alla distruzione.

Secondo Kierkegaard ogni uomo, per uscire dalla sua fase estetica ed in seguito etica, ha bisogno di imbattersi durante il percorso in una “pietra di inciampo”, quella che viene definita come scandalo. E qual è la pietra di inciampo per Adam? Sicuramente la figura del libro di Giobbe ha un impatto notevole sul protagonista che, leggendolo, si pone diverse domande e si vede crollare addosso a poco a poco tutte le sue convinzioni e credenze (la foto di Hitler appesa alla parete cade di continuo). A questo punto Adam è tenuto a compiere una scelta: se seguire la fede in Dio come Ivan gli insegna, o rimanere dalla parte del torto e quindi del male, continuando una vita fatta di violenza e malvagità.
Anche il personaggio di Ivan all’interno del film ricopre un ruolo molto importante. Si tratta probabilmente dell’ opposto di Adam; è lui l’uomo che decide di accettare il paradosso cristiano, come anche Soren ci insegna, e di avere piena fede in Dio e nella sua bontà. E’ l’uomo entrato nella fase religiosa, quella più alta. Anch’egli durante la sua vita ha dovuto superare numerose difficoltà e tragedie (è stato violentato, ha perso la moglie, ha un figlio autistico, ha un cancro al cervello), ma nonostante ciò, rifiuta di pensare negativamente. Si fida di Dio e decide di non trattare il figlio autistico come se fosse un “malato”, ma una persona come tutte le altre. Razionalmente lo si definirebbe come stolto o accecato dalla fede, ma sta proprio grazie all’ uso di figure e simboli portati all’estremo che riusciamo a percepire quelli che sono i riferimenti al pensiero kierkegaardiano.

Alla fine del film le “maschere” prendono finalmente una scelta, superano lo scandalo, scelgono di disperare e adottano un nuovo stile di vita, chi etico, chi religioso. Adam inizia finalmente a riconoscere la fede divina come massima luce di una vita umana bassa e buia, decide di collaborare con Ivan nella sua opera buona e aiutare altre “maschere” a liberarsi dal fardello della vita estetica, di chi non sceglie mai, di chi non si consapevolizza. Chi invece non sembra voler accettare il paradosso è la figura emblematica e a volte spaventosa del Dr. Kolberg, infatti l’unica scelta che intraprende è quella della fuga: scappa da quella che è una dottrina non razionale, rimanendo così nell’ ateismo più estremo.
Per Kierkegaard, quindi, solo ciò che accade nell’ assurdo (come il paradosso cristiano) e nello scandalo può farci superare la disperazione che contraddistingue la vita estetica ed etica. I personaggi finalmente fanno cadere le loro effimere “maschere”, scelgono di scegliere, di essere se stessi e di smetterla di fingersi qualcosa che non sono, raggiungendo in questo modo uno stadio più alto e morale. Adam riuscirà a cucinare la sua torta di mele, a superare la prova, lasciando perciò alle spalle quel libro di Giobbe che tanto si era intromesso nel suo cammino di redenzione.

Dr. Paolo Iervese


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Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia n. 03/14493, dal 14/04/2011
Laurea In Neuroscienze Cognitive, Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva
P.I. 03285880120

 

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