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La conoscenza come fatto biologico - Il cognitivismo scientifico di Vittorio Guidano (Prima parte)

  • by Dr. Paolo Iervese
  • Giu. 6, 2013
  • Psicologia cognitiva

“Un sistema conoscitivo umano dovrebbe essere inteso come una complessità organizzata autoreferenzialmente”

vittorio giordano

Con questa affermazione decisa, posta 1all’inizio del primo capitolo de “la complessità del Sé”1 Vittorio Guidano prova a spostare con forza la psicologia cognitiva dal suo baricentro epistemologico naturale, il realismo caro ai razionalisti e alla scuola americana in genere, per collocare il suo pensiero, e con esso il cognitivismo tutto, nell’alveo della riflessione, un tempo molto in voga, sulla complessità.

In questo approccio la capacità di organizzazione autoreferenziale propria di ogni essere umano va considerata come un vincolo evolutivo di base, che si struttura nel processo di costituzione delle funzioni cognitive superiori.

I termini della questione, già dall’incipit del lavoro di Guidano, sono dati: infatti parliamo di processi cognitivi, cioè di strutture evolutivamente costituenti quell’organizzazione autoreferenziale e biologicamente conoscente che è il “sistema” uomo. Parlare di evoluzioni, di strutture, di processi, sottolineare come la conoscenza non sia solo un processo psicologico, ma anche, e necessariamente prima, biologico, tutto questo dovrebbe bastare a considerare Guidano come un rappresentante del cognitivismo scientifico a tutti gli effetti e non un parolaio modaiolo passibile di beffe alla Sokal e dovrebbe incentivare un’interpretazione neuro-biologica delle organizzazioni di significato personale, intese finalmente come uno dei contributi più avanzati nel campo delle (neuro)scienze cognitive.

Autoreferenzialità e autorganizzazione delimitano il campo dell’esperienza personale intendendolo come il frutto di processi conoscitivi umani che acquistano in questo modo un’assoluta centralità nel darsi dell’identità personale, attivamente costruita dal soggetto conoscente.

In questo senso per il soggetto conoscente l’ordinamento della realtà si struttura attraverso una costruzione attiva e autonoma di un sistema,che funziona plasmando un proprio ordine all’interno di un fluire di stimoli che, caratterizzandosi per imprevedibilità e mutevolezza, necessita adattativamente di una tale sistemazione.

Un sistema di questo tipo, conoscitivamente complesso, mostra di possedere due caratteristiche fondamentali e filogeneticamente adattative: è organizzativamente chiuso, in quanto non prevede alternative all’ordine esperienziale (che potremmo tradurre come significato personale) su cui fonda continuità e coerenza (senso di sé); è autonomo, in quanto non ha l’esigenza di riferirsi ad altro fuori di sé per mantenere l’ordine esperienziale.

n quest’ottica anche la nozione di adattamento subisce una trasformazione radicale, e va necessariamente riletta nel senso di una rivoluzione copernicana nell’evoluzionismo darwiniano: un sistema conoscitivo complesso non è adattato in quanto mero risultato delle risposte del sistema alle pressioni ambientali; nell’ottica di Guidano il sistema è adattato in quanto capace di trasformare le perturbazioni ambientali in informazioni significative per il suo ordine interno (significato personale).

L’adattamento consiste quindi nella conservazione della propria coerenza interna a spese dell’ambiente, affermazione che permette un’ulteriore distinzione tra autonomia (self-law) di un sistema e allonomia (external law).

La mente umana, intesa come sistema autonomo di elaborazione di informazioni, ha come finalità adattativa quella di mantenere i propri livelli di riferimento, in grado di dare coerenza all’ordine esperienziale sul quale esso fonda percezioni e azioni.

Un sistema allonomo input-out come un computer è regolato in maniera eteronoma, cioè da un programma, per fornire un output specifico.

Guidano ritiene prioritario innestare gli sviluppi della psicologia cognitiva sul tronco dell’epistemologia evolutiva o naturale, in quanto attraverso l’impiego di una prospettiva evolutiva è possibile comprendere come la conoscenza, risultato emergente di processi biologici e adattativi, si sia evoluta parallelamente agli altri aspetti della vita.

Quindi la conoscenza deve essere intesa come un processo biologico e non esclusivamente psicologico e in questo modo viene condotta definitivamente all’interno del campo di indagine delle scienze naturali. Leggere finalmente la conoscenza come processo naturale ci porterebbe a rispondere in maniera più definita a domande su come sia possibile la conoscenza e che rapporto questa abbia con la realtà e in che modo all’aumento della complessità evolutiva degli organismi possa corrispondere una maggiore capacità di integrazione e autorganizzazione.

La creazione di schemi evolutivi permette l’elaborazione di informazioni; questa è una risposta adattativa attraverso la quale si organizza l’ambiente in funzione del livello di integrazione del sistema e in questo modo l’attività dell’organismo diventa l’elemento chiave della sua interazione con il mondo.

Una lettura evolutiva della conoscenza deve dunque abbandonare l’idea che questa abbia a che fare con una approssimazione alla verità (realtà), ma sia piuttosto il modo in cui si struttura il processo conoscitivo.

Il mondo è co-dipendente dalla nostra esperienza, e non è la realtà ontologica a lungo sognata dal realismo razionalistico di filosofi e scienziati (Varela).

La conoscenza è, per richiamare una definizione di Weimer, l’attività di costruzione del mondo esperienziale dell’organismo, il quale appare essere così una “teoria del proprio ambiente”.

La radicalità dell’approccio epistemologico presentato ne “La complessità del Sé” sembra essere frutto di un’evoluzione dell’epistemologia di Guidano, tenuto conto che quindici anni prima, in “Cognitive processes and emoziona disorders” (CPED), scritto a quattro mani con Gianni Liotti, Guidano mostrava di ritenere ancora il processo conoscitivo un approcciarsi graduale alla realtà, benché quest’ultima andasse considerata come oggetto inesauribile di conoscenza.

La gnoseologia presentata in CPED considerava che ogni conoscenza, essendo sempre una teoria dell’ambiente a cui l’organismo è adattato, è il prodotto degli specifici vincoli autoreferenziali che l’organismo usa per dare forma alla propria esperienza; questo perché il nostro apparato percettivo non è in grado di fornirci un’esatta riproduzione della realtà esterna, ma piuttosto ci rimanda un’immagine del mondo costruita in base a criteri utilitaristici.

Quindi sotto la pressione di specifici processi selettivi sono stati selezionati pattern cognitivi e percettivi funzionalmente adattati per la processazione di informazioni. La conclusione di Guidano circa la relazione tra soggetto conoscente e mondo conosciuto suonava ;allora così: “The only tenable position on the problem of the intercurrent relationship between the real word and its representations seems to be the so-called critical or hypothetical realism…”.2

Il realismo critico si baserebbe su un’idea delle unità conoscitive intese come un prodotto dell’interazione tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, entrambi concepiti come reali. La conoscenza così intesa può prendere la forma di un’ininterrotta serie di costruzioni attraverso le quali noi tendiamo ad avvicinarci alla realtà, scoprendo le sue proprietà attraverso una continua successione di approssimazioni.

Credo che l’illusione di chi oggi tenti di ridurre il cognitivismo di Vittorio Guidano all’ennesima filosofia relativistica, umanistico-indifferenziata, si nutra della sopravvalutazione, o meglio dell’incapacità di valutare il passaggio che avviene nell’epistemologia di Guidano nel quindici anni che intercorrono tra CPED e “la complessità del Sé”. La rinuncia all’approssimazione alla realtà, infatti, non coincide in alcun modo con una relativizzazione dei campi del sapere, né ha a che fare con un passaggio, quanto mai ingiustificato e suicida, dalla biologia alla filosofia. Le unità autonome e autorganizzantesi di cui parla Guidano sono organismi, è importante insistere su questo punto per non precipitare nello stupor comatoso di chi legge la difficoltà di comprendere la costruzione di  significati personali a partire dalle neuroscienze cognitive come la prova del fatto che sia necessaria una marcia indietro seguita da un avanti tutta verso l’umanesimo psicologista del filosofo di turno. Un simile movimento impedirebbe definitivamente di comprendere la costruzione di schemi organizzati gerarchicamente come un processo che si ingenera nell’organismo a partire dai livelli primitivi del sistema nervoso , quando la coscienza non si è ancora formata, e che ha a che fare con strutture legate alla formazione delle emozioni che dipendono da un’interazione con l’ambiente. Questa interazione, in un sistema complesso autonomo, avviene attraverso una codificazione che ha i caratteri dell’autoreferenzialità e questo fa sì che l’emersione di contenuti mentali più complessi avvenga attraverso una sistemazione all’interno di confini che sono tracciati originariamente dall’attivazione emotiva. L’organizzazione è gerarchica perché così selezionata, cioè in modo da rendere più efficace l’adattamento a un ambiente fondamentalmente dinamico, nel quale i parametri di stabilità sono soggetti a continue variazioni e trasformazioni.

Rifiutate sin dal principio le cosiddette “becket theories”, secondo le quali la mente sarebbe semplicemente un contenitore passivo di sensazioni, Guidano già in CPED si è rivolto alle teorie motorie della mente, stando alle quali la conoscenza sensoriale non deriva direttamente dalle impressioni sensoriali, in quanto le pure sensazioni sensoriali non esistono: “Every sensation is already an abstraction, a construction of the organism”.3

1 Guidano, V.F., La complessità del Sé, Bollati Boringhieri, Torino 1998, pag. 19.
2 Guidano, V.F.,Liotti, G., Cognitive processes and emoziona disorders, The Guilford Press, New York 1983, p.5.
3 ib., p.7.

Dr. Paolo Iervese


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Laurea In Neuroscienze Cognitive, Specializzazione in Psicoterapia Cognitiva
P.I. 03285880120

 

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